martedì 11 maggio 2010

Medioevo: l'Olio ed i suoi riti


Durante l'alto medioevo la distruzione delle campagne portò anche all'impoverimento degli oliveti. Fu dal XII secolo, grazie soprattutto agli ordini monastici (olio rituale), che venne dato nuovo impulso all'estrazione del succo d'oliva. Gli uliveti aumentarono in tutta la Penisola, soprattutto in Toscana, dove anche la borghesia commerciale scoprì nella produzione e nel commercio dell'olio una fonte importante di guadagno. Il valore del liquido verde era elevato, veniva utilizzato per tenere accese le luci sugli altari, per cerimonie come la cresima o l'ordinazione dei cavalieri, e per l'estrema unzione.
Se nella cucina antico romana l'olio era uno dei condimenti principali, nella quotidianità della tavola medievale che posto aveva?
Non certo di primo piano: se ne faceva un uso molto parsimonioso, mentre erano indispensabili in cucina: il lardo, lo strutto, la sugna. Il maiale viveva il suo momento d'oro, soprattutto nell'Italia settentrionale il lardo era il "fondo di cucina" per eccellenza, e il “tempus de laride” (tempo del lardo) rappresentava una delle scansioni del calendario contadino pastorale.
Alcune eccezioni a questi usi si rintracciavano:
- al Sud e al Centro fra i ceti alti, dove l’olio veniva consumato come condimento dei cibi a crudo, o come grasso alternativo nei giorni di magro e di quaresima (dal XII secolo fu ammesso anche il burro per le focacce e i dolci, mai per cuocere);
- sulle navi che solcavano il Mediterraneo, dove l’olio assieme alle spezie serviva per condire i cibi dei marinai, come il pesce seccato, la carne salata e le gallette.

martedì 30 marzo 2010

L'Olio dei Romani ed il suo splendore


All'apogeo della civiltà romana l'olivicoltura era una delle branche più sviluppate dell'agricoltura. Per spremere le olive erano utilizzati dei contenitori di pietra, sui quali i frutti deposti venivano pestati con mazze, bastoni o appositi utensili.
I "negotiatores oleari", riuniti in collegi di importatori, erano i soli commercianti abilitati a trattare l'"oro verde". Le contrattazioni delle partite avvenivano nella "arca olearia", una vera e propria borsa specializzata.
Gli autori latini che trattano l'agricoltura sono prodighi di consigli su come produrre l'olio. Nulla è lascito al caso: dalle varietà più adatte alla potatura, ai sistemi di raccolta, fino alle tecniche di frangitura. Plinio e Columella, per citare solo alcune fonti, censiscono dieci varietà diverse di olivi, e l'olio viene classificato in cinque categorie:
-"Ex albis ulivis" l'olio più pregiato ottenuto da olive verde chiaro;
-"Viride" generato da frutti che stanno annerendosi;
-"Maturum" frutto di olive mature;
-"Caducum" prodotto da frutti raccolti per terra;
-"Cibarium" spremuto da olive bacate e destinato agli schiavi.
Come tutte le prelibatezze era costoso: Plinio ricorda che il cavolo non era un piatto economico perché doveva essere condito con olio. Virgilio, dal canto suo, suggerendo una ricetta di agliata, consigliava l'uso di tanto aglio, tanto aceto, ma solo "poche gocce di olio".
L'olio assunse un ruolo fondamentale per la tavola e la cultura dell'epoca imperiale, tanto che Giulio Cesare costrinse le province vicine dell'impero a consegnare alla città molti litri di olio come tributo annuale. Il frutto dell'ulivo godeva di una tale considerazione che, in una civiltà basata su una rigida struttura militare e sul reclutamento obbligatorio, i cittadini che piantavano almeno un iugero (circa 2.500 metri quadri) di ulivi venivano dispensati dalla leva.
Sempre in quest'epoca le olive venivano servite anche nei pranzi più importanti, sia all'inizio che alla fine del pasto. Conservate in salamoia erano snocciolate, tritate e mescolate con il miele.
I primi sintomi della crisi di tanto splendore oleario si avvertirono nel III secolo. Il progressivo abbandono delle campagne alla cura degli schiavi, e le continue elargizioni degli imperatori, svuotarono le riserve di olio italico; la produzione nella nostra penisola diminuì e Roma anche per il suo consumo interno inizio ad attingere alle sue province spagnole e africane.
La caduta dell'impero romano e le invasioni barbariche interruppero i contatti commerciali, facendo decadere l'olio da pianta sacra a specie rustica poco significativa.
Tratto da www.taccuinistorici.it

venerdì 26 febbraio 2010

Dal Paradiso Terrestre agli Etruschi


Molte sono le leggende che mettono la pianta al centro della narrazione. Sulla tomba di Adamo, seppellito sul monte Tabor, nacque la pianta dell'ulivo il cui seme proveniva dal paradiso terrestre. Un ramoscello d'ulivo venne portato a Noè dalla colomba per annunciargli la presenza della prima terra riemersa dopo il diluvio universale.
Omero ci racconta che Ulisse costruì il suo letto nuziale con il tronco di un grande olivo. E non c'è scrittore dell'antichità classica che non faccia cenno all'olio e alla coltivazione della pianta che lo offre. Ma la saga che più direttamente ci interessa è quella che così narra.
“Un giorno lontano Atena e Poseidone si scatenarono l’uno contro l’altra per il possesso dell’Attica. Così intervenne Zeus il padre degli dei che tuonò: - la terra spetterà di diritto a chi dei due saprà beneficiare l’umanità del dono più utile -.
Poseidone batté il tridente sulla schiuma del mare ed usci il cavallo. Atena percosse la lancia sulla terra e uscì l’olivo. Né staccò un ramoscello e lo donò al padre. La dea vinse la gara.”
Gli Etruschi fecero propria questa leggenda e, per giustificare l’abbondanza degli uliveti in Etruria, raccontavano che Minerva (Atena) aveva battuto la sua lancia soprattutto sul territorio aretino. L’olivo per gli etruschi era pianta sacra, tanto che le sacerdotesse ne esibivano i rami durante le processioni. L’oliva dal gusto amarognolo, venne “addolcita” con tecniche che variavano dalla salamoia, all’immersione nell’acqua profumata con finocchio secco e frutti del lentisco.
L'olio d'oliva, decretato prodotto “nazionale” ed esportato come il vino in tutto il Tirreno, aveva vari impieghi. Di eccellente qualità ideale come condimento per ogni cibo. Di grande quantità utile per accendere il fuoco, per alimentare le lucerne e per massaggiare i muscoli di militari ed atleti.
Tratto da www.taccuinistorici.it

mercoledì 20 gennaio 2010

Le Origini


La storia dell’olio di oliva è antica come quella dell’uomo: si sono trovati resti di nocciolo di oliva carbonizzati negli strati del Paleolitico superiore (ca. 45.000 a.C.) nelle montagne del Negev (Israele).
A partire dal quarto millennio a.C., l’olio di oliva si diffonde in tutto il bacino del Mediterraneo diventando, col tempo, un simbolo culturale delle popolazioni insediate nell’area.
Nel corso dei millenni, le virtù benefiche dell’olio vengono scoperte empiricamente e l’ulivo, grazie a questo riconoscimento, entra a far parte anche della sfera del sacro: è l’albero che Atena offre agli Ellenici e che Minerva dona ai Romani.
La Bibbia testimonia la naturalità dell’impiego dell’olio d’oliva per l’alimentazione, la dermocosmesi e anche per l’utilizzo terapeutico. I trattati di medicina, da Ippocrate a Plinio il Vecchio e alla Scuola Salernitana, ne esaltano le proprietà calmanti, immuno-stimolanti e digestive.

venerdì 11 dicembre 2009

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